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Ne nézz félre / Schau nicht weg / Don't look away

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Cosa ci fa una bambina di cinque anni nel grembo di un maestro spirituale?

Abuso sessuale in una comunità spirituale 27 novembre 2020. Zsófi Tokai

2020. december 20. - Nenézzfélre

Il tweet #MeToo di Alyssa Milano ha fatto scalpore tutto il mondo nel 2017. Al suo post quasi immediatamente ne sono seguiti migliaia con l’hashtag #MeToo e nei prossimi giorni il loro numero si è moltiplicato rapidamente. Ma lo sanno in pochi che il movimento #MeToo è stato lanciato da Tarana Burke già 10 anni prima, nel 2006. L’intenzione è stata identica a quella di Milano, cioè esprimere che la violenza sessuale e molestia sono problemi epidemici e che le donne e le bambine vivono in una cultura di violenza sessuale nella quale le vittime vengono tacitate o almeno non gli credono. In questa cultura la violenza sessuale è normalizzata dai media, dalla letteratura e dalla pornografia. In tale cultura le vittime non hanno avuto finora le parole per raccontare la violenza subita poiché il patriarcato non ha istituito n discorso alternativo in cui le storie di queste donne avrebbero potuto apparire. Il movimento #MeToo ha richiamato l’attenzione del mondo sul fatto che la violenza sessuale e la molestia non sono problemi individuali che occorrono una o due volte, bensì un problema sociale, sistematico che penetra i nostri giorni quotidiani.

Da allora l’effetto del movimento è presente nella società e sta formando quella struttura patriarcale che non ha consentito le storie delle vittime dato che abbia apposto alle priorità la difesa degli esecutori. Evidentemente questo non vuol dire che il patriarcato si è crollato in un attimino ed è sostituito da un mondo edenico, ma che c’è ancora parecchio da battersi contro e bisogna ricordare alla gente che la violenza sessuale, la molestia e la colpevolizzazione della vittima esistono ancora.

Far tacere le vittime è stata ed è anche oggi una pratica comune anche nelle istituzioni religiose. Si nota esplicitamente la disuguaglianza fra la vittima e l’esecutore. Proprio per questo motivo ha potuto la chiesa cattolica insabbiare gli abusi sessuali per decenni. Ma il despotismo della chiesa cattolica sembra di stare a indebolirsi da quando i giornalisti del Boston Globe hanno rivelato gli abusi sistematici pedofili che erano stati insabbiati addirittura dai capi della chiesa.

Anche in Ungheria diventano più visibili gli abusi sessuali ecclesiastici negli ultimi anni. Però questo discorso pone l’accento sugli abusi effettuati nell’ambito della chiesa cattolica, siccome in Ungheria questa è la religione dominante, mentre quelli commessi in altre religioni istituzionalizzate o in comunità New Age non appartenenti alle religioni mondiali, ma basati su una struttura istituzionale, sono ancora velati. Questi abusi religiosi e spirituali vengono commessi principalmente dagli uomini potenti, come guru, sacerdote e maestro spirituale, di una nobile posizione in cima alla gerarchia.

Ovviamente è importante classificare gli abusi commessi nella chiesa cattolica, tuttavia è anche importante sottolineare che non esclusivamente i sacerdoti cattolici commettono gli abusi sessuali spirituali ed ecclesiastici. Dove appaiono il rispetto assoluto per l’autorità, il leader carismatico e il potere sacrale, la struttura stessa predispone l’abuso sessuale.

La 16akciónap (quindi 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere) è un’iniziativa internazionale. La campagna annuale si collega a due importanti ricorrenze: il 25 novembre (giornata internazionale sulla violenza contro le donne) e il 10 dicembre (giornata internazionale per i diritti umani). Durante la campagna viene evidenziato in diversi modi (per esempio in articoli, con marce o discussioni attraverso tavole rotonde) il problema sistematico della violenza contro le donne. Nell’ambito della campagna 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere adesso al giornalista di Felszabtér Hanna (pseudonimo) racconta la storia del suo abuso sessuale subita nella sua infanzia, commesso da un capo di una comunità spirituale.

Felszabtér: Prima di tutto, per favore raccontami come ti sei aderita a quella comunità spirituale dove l’abuso è accaduto.

Hanna: Questa è stata una comunità spirituale tradizionalista di cui capo era quello “meraviglioso” uomo che mi ha abusato sessualmente. Mio padre è stato un fedele costante ed è andato regolarmente a trovarli. Non me lo ricordo esattamente, ma quando avevo più o meno cinque anni, per tre estati siamo andati a questi eventi di due settimane alla fattoria di Tamás – il leader spirituale della comunità. Mia madre non è venuta con noi perché è rimasta a casa con i miei fratelli minori. Appena ci siamo arrivati, mio padre – ignobile ubriacone – non si è occupato tanto di me. In realtà, durante quelle due settimane mi sono girata ovunque volessi, priva di controllo genitori. Non me lo ricordo se ci fossero uomini tranne mio padre e Tamás. Tamás è stato circondato da parecchie donne, praticamente un fan club, lo ammiravano come se fosse un dio. Mio padre riguardava questa persona come un maestro; è stato spiegato anche la sua discendenza e l’antica linea di sangue che ha rappresentato.

Felszabtér: Te lo ricordi quando è iniziato l’abuso?

Hanna: In realtà non mi ricordo esattamente gli inizi. Tutto è stato un processo. Sicuramente l’ho incontrato già la prima estate, quando avevo cinque anni. Questi eventi sono stati organizzati da lui, nel bel mezzo del nulla, in un posto nascosto. Magari per la prima volta si è avvicinato a me nella sua yurta che era anche un santuario enorme. Aggiungo che ha cominciato a trattarmi come la prescelta, mi ha considerato come suo successore. Per questo motivo ho dovuto aiutarlo io all’altare e siccome tutto è stato un rito, mi sono dovuta indossare l’abbigliamento adeguato. Di solito ci siamo entrati noi due nella yurta dove lui ha cambiato i miei vestiti e ha messo le mani da posti dove non avrebbe dovuto. Insomma, mi ha palpeggiato durante la vestizione. Ripetutamente mi ha dato dei regali, sempre mi ha fatto sedere nel grembo e spesso ha colto anche queste occasioni per palpeggiare. In realtà questa palpeggiata è stata costantemente presente. E la cosa pazzesca è che nonostante l’abbia fatto apertamente, nessuno se n’è accorto, per lo meno non l’hanno rimproverato. Una volta mi ha costretto a prendere in mano il suo organo sessuale. Per mia fortuna, mia mamma ha chiamato mio padre proprio nel momento giusto chiedendo dove sono stata. Quando mio padre ha risposto che sono stata nel letto di Tamás, mia mamma gli ha detto di portarmi subito via di là e lui l’ha fatto. È stata anche un’altra occasione, magari la seconda estate, quando mi hanno lasciato da sola con lui in macchina e lui ha provato a baciarmi, ma io ho stretto le labbra il più forte possibile da una bambina di sei anni.

Felszabtér: Quindi tutto è stato un processo complesso accompagnato a diversi modi dell’abuso. Prima questo uomo, considerato un maestro, ti ha fatto il simpatico, ti ha trattato come selezionata e a poco a poco ha superato i limiti proprio sotto gli occhi di adulti?

Hanna: Sì, all’inizio è stato relativamente cauto. Ha valutato lentamente se il suo comportamento viene notato, se reagiscono a esso. Ma non c’è stato nessun tipo di reazione, e quindi continuava a farlo. Però l’ha fatto veramente aperto. Per esempio, se voleva fermarmi, semplicemente mi ha infilato la mano tra le gambe e mi ha toccato. Nessuno ha mai notato che questo, così non è andato affatto bene.

Felszabtér: Queste sono le vecchie maniere universali. L’esecutore controlla la reazione degli altri e valuta i suoi limiti. La più alta è la sua posizione di potere, quindi è considerato santo come quest’uomo, tanto più viene normalizzato il suo comportamento abuso dai circostanti. Anzi, spesso anche i circostanti lo sanno precisamente cosa sta succedendo, solamente chiudono un occhio sul fatto.

Hanna: Certo, penso che questo sia stato un segreto di Pulcinella. Era chiaro che le donne anziane competevano per il posto nel letto di quest’animo nobile. In seguito, è venuto fuori che quest’uomo se avesse potuto, avrebbe scopato tutto e tutte che gli girava attorno. E l’ha potuto fare.

Felszabtér: E hai dovuto affrontare tutto questo da bambina, da sola.

Hanna: Sì, e questa ansia pervasiva è stata presente quasi sempre. Spesso stavo pensando ai modi di evitare tutto questo. Con la mia testa infantile ho cercato di elaborare tattiche per non dover rimanere da sola con quella persona.

Felszabtér: Che tipi di tattiche, te le ricordi?

Hanna: Per esempio, sono stata molto determinata a dire di no, ma ho avuto relativamente poco successo. C’era un’opposizione costante in me, ho provato a esprimerla che lui mi lasciasse in pace. Cercavo di non farmi notare, di aderirmi a qualcuno e così organizzare un programma a causa di cui ho potuto dire di essere occupata. In realtà questo stress, che devo stare lontana da lui, sempre è stato presente appena siamo arrivati a questi campi estivi. Arrivando a casa dopo queste riunioni ho dimenticato tutto. Però, fondamentalmente sono stata ansiosa nella presenza degli uomini. Diciamo fino all’anno scorso. Quindi soffrivo di ansia per soli 30 anni.

Felszabtér: Come ti sei ricordato dell’abuso, quando è decollato in te il processo del riconoscimento?

Hanna: Quando ci siamo stati ai quelli eventi, io ho dovuto gradirli. Pertanto, questa è stata la mia realtà, ho dovuto essere fiera di poter stare lì, anzi, di stare accanto a quell’uomo meraviglioso. Mi vengono in mente scene dove c’è questo vecchio arrapato che è sempre circondato dal suo fan club e continuamente idoleggiato. Me lo ricordo di aver provato ad ammirare quella persona perché ho dovuto interiorizzare quella realtà che è stata manifestata dal mondo fuori.

E poi me ne sono accorta di tollerare difficilmente quando il mio ragazzo mi avvicinava a meno di due metri. Mi ha portato questo a riflettere cosa poteva essermi successo. Ma non pensavo di aver subito abuso. Mi ricordavo cosa facesse quella persona, ma pensavo che questi siano stati gli affari miei, e io abbia dovuto astrarre tutto da questi ricordi. Poi ho cominciato a occuparmi più di questo tema circa al concepimento di mia figlia. Per forza. Mia figlia non è concepita perché volevo figlio, ma perché il padre di mia figlia non voleva usare il preservativo. Per un po’ ho preso la pillola ma è stata troppo costosa e una famiglia in condizioni di povertà relativamente estrema non può permettersela. Quindi così non avevo il contraccettivo, ma invece ho avuto una bambina.

A quel tempo avevo la sensazione forte di essere violata, che si hanno appropriato del mio corpo quando io non lo volevo. Anche il parto era estremamente traumatico. Mi sono preparata ad un parto in casa, perciò non avevo un dottore prescelto. Eppure, la bambina è nata pretermine e io a diciotto anni, incinta, sono entrata nel sistema sanitario ungherese dove ho subito lo spettro intero della violenza ostetrica. Al secondo parto però, sono stata già agguerrita, conoscevo i miei diritti così potevo dire di no ai dottori. Dopo tre ore di dibattito con i dottori, mi hanno fatto firmare un documento secondo cui avevo rifiutato le cure mediche sotto la propria responsabilità. Sono rimasta lì da sola, per partorire in tutta la tranquillità e in fine io, con le mie stesse mani, ho preso il mio secondo bambino.

A quel punto, quando ho potuto dire di no e la vittoria è stata la mia, ho riavuto il controllo del mio corpo.

Traduzione: Zita Jarabin, revisione: Annamária Józsa-Tóth

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